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I numeri del pane e della pasta in Italia

L’incontro, organizzato in collaborazione da Accademia Nazionale di Agricoltura e Accademia Italiana della Cucina – Delegazione di Bologna dei Bentivoglio, ha posto l’attenzione sui valori produttivi, nutrizionali e storici di due delle eccellenze dell’agrolimentare “Made in Italy”.

Nel pomeriggio di Mercoledì 30 maggio, presso la Sala del Cucibilum Artistarum del Palazzo dell’Archiginnasio di Bologna, si è tenuta la conferenza “Pane e pasta il valore dei grani”, secondo incontro de “I Mercoledì dell’Archignnasio”, ciclo di conferenze dedicato alle eccelenze enogastronomiche italiane. Il pomeriggio è stato inaugurato dai saluti del Prof. Giorgio Cantelli Forti, Presidente Accademia Nazionale di Agricoltura, e dalla Prof.ssa Rosanna Scipioni, Vice delegato dell’Accademia Italiana della Cucina – Delegazione di Bologna dei Bentivoglio, che hanno espresso il loro plauso per l’avvio di questa importante iniziativa comune.

Al termine dei saluti istituzionali la parola è passata ai relatori i quali hanno proposto alcuni particolari focus sull’argomento. Nella prima relazione, Il valore nutrizionale e nutraceutico”, Paolo Parisini, Presidente FNP Agricoltura Biologica di Confagricoltura, ha detto che “Sembrerà banale, ma il pane e la pasta non si fanno con il grano bensì con le farine o le semole; più che variazione del valore nutritivo, nel tempo sono cambiate le caratteristiche tecnologiche dei grani. Il discorso è quindi articolato e non si riduce solo al grano; ciò dovrebbe farci ragionare anche su molta comunicazione, che pone in relazione diretta il grano con la pasta o con il pane dimenticandosi che di mezzo c’è il molino e la farina. Da qui il crescente interesse per tutti quei percorsi come le filiere di varia natura, la riscoperta di varietà, altre tecniche produttive o disciplinari e requisiti certificati”.

Nella seconda relazione, “Il Valore nutrizionale e nutraceutico”, Andrea Villani, Direttore AGER Bologna, ha toccato temi di tipo economico sostenendo che “In un mercato globale l’Italia, nel 2017, ha importato oltre il 50% dei propri fabbisogni di cereali, semi oleosi e farine. Nella filiera agroalimentare italiana, abbondanaza mondiale e necessità di valorizzazione locale, sono fra i concetti attualmente più dibattuti. I numeri della produzione italiana sono particolari e riflettono una situazione a due velocità: importiamo quasi tutto il grano tenero dall’estero, produciamo il 10% del grano duro a livello mondiale, esportiamo più del 50% della pasta prodotta (1,9 mln di tonnelate). Questo si interseca con i ragionamenti sul “Made in Italy” e sulle scelte dei consumatori che stanno portando a uno svincolo dalle “commodity” e un approdo alle “speciality” dei prodotti alimentari sempre più votati alla qualità e alla territorialità.

La terza relazione, il “Valore del prodotto”, a cura di Roberto Ranieri, ha fornito numeri importanti. “In Italia consumiamo 24 kg pro capite anno di pasta e circa 60 kg pro capite anno di pane, focacce e pizze da forni artigianali. In totale gli italiani consumano quasi più di 100 kg all’anno di derivati dal grano duro e tenero. In Italia il consumo di pasta sta diminuendo, mentre all’estero e soprattutto in Africa è in forte aumento, ma ciò può non essere un male per la produzione nazionale. L’Italia nel mondo si propone come un abile trasformatore di materie prime in alimenti pregiati ed eccellenze mondiali. Oggi il gusto dei consumatori sta andando verso il consumo di zuppe e cerali ma, alcuni tipi di pasta, stanno incontrando un grande favore di pubblico come, ad esempio, quella bio, la gluten free o le paste “premium” di altissima qualità prodotte dai grandi operatori”.

L’ultima relazione il “Valore in cucina e in tavola” di Giorgio Palmeri, Delegato Accademia della Cucina Delegazione Bologna dei Bentivoglio, è stato un interessante viaggio attraverso i fatti storici della cucina del nostro territorio “In Emilia-Romagna siamo nati con la pasta sfoglia. Nel Medioevo si sviluppano a Bologna le paste simbolo della nostra tradizione culinaria come tortellini, lasagne e tagliatelle. La prima pietanza di cui siamo storicamente a conoscenza sono i “torteleti”, quadrati di pasta con formaggio ed erbe aromatiche, che venivano consumati a Bologna nela 1300. Le tagliatelle invece nacquero per celebrare i lunghi capelli biondi di Lucrezia d’Este quando, nel 1487, sposò il Signore di Bologna Annibale Bentivoglio. Infine, non tutti sanno che il ragù, accompagnamento principe di queste pietanze, venne introdotto come condimento solo durante l’Ottocento e rappresenta l’ultimo tassello della lunga tradizione culinaria emiliano-romagnola.”

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